L’esilio in terra straniera a cui Tiresia fu sottoposto per il fastidio che le sue veggenze recavano ai potenti è oggi tristemente vissuto da molti vecchi lasciati nell’anonimato della dimenticanza per le battaglie vinte e perse nella loro vita. La rottamazione di un rapporto vivo con la memoria, l’interruzione del dialogo intergenerazionale, la messa in discussione del diritto che i vecchi hanno alla felicità e all’ascolto sono la provocazione che l’opera propone.
Profezie di Tiresia nasce da queste domande, affrontando in chiave poetica e surreale le tante sfaccettature che l’argomento pone: la cecità e la differenza come potenziali per avere uno sguardo profondo sul futuro, l’ambiguità di una vita sessualmente doppia e senza tempo, l’esilio riservato a chi è divisivo e fastidioso per onestà del vero, restando ereticamente solo nella scomodità che il potere riserva a chi osa contrastarlo.
Su tre aspetti la drammaturgia dell’opera pone un’attenzione particolare: le leggende narrate nel mito, le beffe e i doni che la senilità riserva ai vecchi d’oggi e infine la necessità d’essere indovini, capaci di orientare i nostri re verso scelte sacre all’esistenza altrui e rispettose di ciò che Madre Natura ci ha donato.